Autore: Valentina Vitale |
Relatore:
Alberto Marinelli |
|
Correlatore: Silvia Leonzi |
Estratto della tesi:
Mobile.
Veloce. Caotico e complesso. E’ il mondo in cui ci siamo immersi.
Renderlo
trasparente per riuscire a muoversi con sicurezza al suo interno, mantenendo
dei punti di riferimento, così da vivere nel miglior modo possibile senza venir
sommersi. Una visione distaccata non permette una conoscenza autentica, non
consente l’interpretazione, la trasparenza. Per ottenerla occorre arrivare in
profondità, fin alle radici, guardare la realtà da più angolazioni, soffermarsi
a vedere i singoli elementi, osservarli con cura nei loro movimenti,
confrontarli.
Tutto
ciò significa, in un spazio dominato dall’ascesa velocissima dell’innovazione
tecnologica, da media in continua rimediazione -oltre quelle che sono le nostre
aspettative- lasciare che i media donino al pubblico una molteplicità di
sguardi, sulle configurazioni del reale e sulle sue identità.
Il
documentario è nella sua definizione più semplice, ‘documentazione della
realtà’ e la tecnologia digitale mette a disposizione libertà creativa -nei
processi di ideazione e di produzione con le leggere ed economiche telecamere e
sistemi di montaggio, e di diffusione con l’enorme quantità di canali digitali
a disposizione.
Documentario
più tecnologia digitale, uguale: praticabilità del sogno, di quel regista idealista Cesare
Zavattini, che tutti possano usare le immagini in movimento come strumento di
comunicazione e conoscenza.
E,
ancora uguale: possibilità per il documentario di emanciparsi e diventare a sua
volta strumento di emancipazione per l’uomo che vive la società contemporanea.
Uso il termine ‘possibilità’ perché la tecnologia è probabilmente condizione
necessaria ma non sufficiente.
Perché
emanciparsi nel contesto attuale non significa raggiungere La conoscenza
oggettiva del reale, che per la complessità raggiunta sarebbe comunque
un’utopia, poiché rischia di ridurre il reale meramente a ciò che è visibile.
Bisogna interrogarsi sui rapporti esistenti tra le realtà, l’emancipazione
consiste nella dissoluzione dei punti di vista centrali, nello scavare nelle
zone buie, nella liberazione della pluralità delle interpretazioni e nell’estetizzazione
tendenzialmente totale dell’esperienza umana del mondo. Significa dare
spazio totale ai media che nella loro mediamorfosi propongono nuovi modi di
distribuire contenuti in nuove forme, significa far prendere voce a tutte le
minoranze. Questo atteggiamento va assunto nei confronti di un genere
televisivo fin troppo a lungo ignorato in Italia, il documentario, che oggi
sembra essere giunto ad un bivio: potrebbe morire del tutto perché tenuto
lontano dalla cieche e ortodossa televisione generalista, perché incapace di
rinnovarsi, oppure grazie al nuovo sguardo tecnologico, digitale, riuscire ad
emanciparsi ad acquisire un’identità forte e riconosciuta. Istituzioni, servizio
pubblico, televisioni commerciali, associazioni di categoria, produttori
indipendenti, autori, utenti. Tutto dipende dalla loro capacità di guardare con
sensibilità lo scenario attuale illuminato dalle nuove tecnologie digitali.
Parola
d’ordine: confronto.
Cambiare
prospettiva.
Guardare
fuori dallo spazio italiano, prenderne suggerimenti e tornare nello spazio
italiano per applicarli e rendere il processo produttivo del documentario una
vera industria moderna, globale, competitiva.
Guardare
indietro nel tempo, riflettere sul peccato originale del servizio pubblico e
sugli errori accumulati, per correggerli ponendo fine alla forte commistione
del sistema televisivo con il sistema politico in nome di una più nobile
sensibilità culturale e ricchezza morale.
Riconoscere
e imitare chi è capace di uno sguardo sensibile. Più attento. Efficace. Utile.
Come quello di National Geographic, canale base del bouquet della Fox
International Channels, la cui percezione nonché azione è descritta all’interno
del testo grazie alle testimonianze rilasciate durante il mio colloquio
registrato con i Directors Managing Jan Ronca e Alessandra Scudella.
Ogni
prospettiva è questione di sguardo.
Tutto
dipende dalla capacità degli elementi in gioco di mettersi finalmente in
discussione e muoversi creativamente insieme per configurare prospettive nuove
per il documentario, che riconoscano la centralità dei produttori indipendenti,
rivalutino il posizionamento delle piccole e medie imprese, che riconsiderino
il ruolo e le funzioni dei broadcasters, che diano maggior valore al concetto
di ‘prodotto culturale nazionale’, che garantiscano e applichino una legge di
Stato.
Al
momento, a porsi come comune punto di riferimento di questo fermento, è
l’associazione di Documentaristi Italiani, l’unica che è stata capace di
stimolare efficacemente e coinvolgere
tutti gli elementi in momenti di confronto. L’atteggiamento impegnato
dell’associazione nei confronti dello stato generale del documentario italiano,
espresso dal vicepresidente Marco Visalberghi durante una lunga
intervista che mi ha rilasciato, è diffuso all’interno del testo. Solo la forza
di un interesse vero, sincero, profondo, potrà dare una possibilità concreta al
documentario per (ri)nascere finalmente e definitivamente.
Nascere
e nello stesso tempo guardare oltre, la linea dell’orizzonte, pensare a quali
forme interessanti ed utili il documentario potrebbe assumere, capire le
traiettorie ancora impercettibili all’interno di un ecosistema globale caratterizzato
da convergenza, interattività e personalizzazione.
Nome e Cognome: Valentina Vitale
Indirizzo e-mail: valentinavitale@libero.it
Sito web: www.myspace.com/valentina_sinestesia