Università degli studi di Salerno

Anno accademico 2005/2006

Laurea in Scienze della Comunicazione

Titolo della tesi: Il documentario sul Mezzogiorno nelle riviste di cinema dagli anni del dopoguerra al miracolo economico

Autore: Mariangela Palmieri

Relatore: Pasquale Iaccio

 

Correlatore: Pietro Cavallo

 

 

 

 

Estratto della tesi:

I libri di storia, gli scritti letterari, le opere artistiche, ma anche i film a soggetto, hanno regalato al presente mille racconti sul Mezzogiorno, sulla sua storia e sui suoi caratteri, prima che quella terra misteriosa ed affascinante, sofferente ed angustiata, fosse sconvolta dalla grande trasformazione degli anni ’60. Accanto a tutte quelle voci, figurano anche i documentari, un insieme di opere - una sorta di isola dimenticata, avvolta nelle nebbie dell’oblio e dell’indifferenza - che, pure, a loro modo, hanno descritto il volto variegato del Mezzogiorno italiano in un punto di non ritorno della sua storia. Scopo di questo lavoro di ricerca, così, è la comprensione delle forme e dei modi in cui molte opere documentaristiche italiane - realizzate tra gli anni immediatamente successivi alla fine della Seconda Guerra Mondiale e il miracolo economico - hanno immortalato il Sud dell’Italia, in un’epoca in cui esso appariva così lontano e diverso dal resto della penisola.

Lo strumento fondamentale utilizzato per il reperimento delle informazioni relative ai documentari sul Mezzogiorno sono state alcune tra le principali riviste di cinema italiano, che hanno dedicato maggiore spazio e contributi alle opere documentaristiche prodotte nel Paese. Il ricorso alla stampa specialistica ai fini della ricerca non rappresenta una scelta causale, quanto piuttosto una necessità, in una panorama di studi sull’argomento abbastanza carente e lacunoso.

Il cuore di questo lavoro di ricerca, si è detto, è rappresentato dai documentari che hanno raccontato il Mezzogiorno, analizzati allo scopo di ricomporre il volto complesso di un mondo lontano, ormai perduto. Gli anni cha vanno dalla fine della Seconda Guerra Mondiale a quelli che segnano l’affermazione del miracolo economico, d’altra parte, rappresentano un periodo di grande trasformazione per tutto il Paese, e per il Sud in maniera particolare. In tale fase storica, infatti, l’Italia sarebbe passata in breve dalle difficoltà materiali della fine della guerra al trionfo del benessere e della società dei consumi propri del boom dell’economia; ma a caratterizzare il mutamento avrebbero contribuito pure fattori di tipo politico e sociale, che in breve si sarebbero riverberati - trasformandoli profondamente rispetto al passato - sui costumi, sulla mentalità, sulle regole sociali degli individui. Insomma, l’Italia in quel lasso di tempo avrebbe cambiato pelle, ma la trasformazione non sarebbe stata scandita da uguali ritmi e proporzioni nel Nord e nel Sud della penisola. I documentari, dunque, rappresentano, oggi, una fonte preziosa per sondare quella fase di lenta trasformazione, dopo la quale il Mezzogiorno non sarebbe stato più lo stesso.

Le opere documentaristiche che hanno raccontato il Mezzogiorno, tuttavia, non si riconducono ad un insieme univoco e compatto. Come per il cinema di finzione, infatti, anche nel documentario è possibile distinguere diversi generi; così, tra i documentari sul Mezzogiorno, si possono rinvenire lavori nel genere antropologico, in quello sociale, ma anche nel genere turistico, istituzionale e, infine, industriale.

Ma un’analisi del documentario sul Mezzogiorno non può prescindere da alcune considerazioni di ordine generale sulla storia del documentarismo in Italia. Nel Primo Capitolo di questo lavoro, dunque, si tratteggia la difficile vita del documentario in Italia nel periodo di interesse di questa ricerca.

Il Secondo Capitolo entra, invece, nel vivo dell’argomento trattato, affrontando il primo tra i generi di documentari che hanno raccontato il Mezzogiorno: quello antropologico. Tale filone racchiude tutte quelle opere che hanno voluto immortalare nei loro fotogrammi i riti, le tradizioni, gli aspetti peculiari riconducibili alla sfera magico-religiosa di una realtà contadina che si avviava al declino. Si tratta dei documentari di De Seta, Di Gianni, Gandin e Mingozzi (solo per citare alcuni dei registi impegnati in questo settore), spesso realizzati sulla base degli studi dell’antropologo napoletano Ernesto De Martino, che negli anni del dopoguerra, si era avvicinato, in maniera innovativa e più profonda rispetto al passato, allo studio del folclore meridionale.

Il documentario sociale, invece, è al centro del Terzo Capitolo. A questo genere si riconducono opere dai caratteri molto diversi, accomunate, però, dalla costante attenzione tributata alla società nel suo insieme, e dai forti toni di denuncia, volti a condannare le tante piaghe che affliggevano il Sud in quei difficili anni. Si tratta del lavoro di registi che volevano svelare l’arretratezza, la miseria, il degrado di un Mezzogiorno abbandonato dallo Stato; in sostanza, l’altra faccia dell’Italia, quella della vergogna, che per la storia ufficiale andava tenuta nascosta a tutti i costi.

Il Mezzogiorno così come appare nei documentari antropologici e sociali ha il viso segnato dal dolore: di tutt’altro aspetto è, invece, il Meridione nei documentari turistici, istituzionali ed industriali. Nei documentari turistici, oggetto di analisi del Quarto Capitolo, il Sud dell’Italia è trasfigurato in un mondo ridente e sereno, privo di negatività. Prediligendo le isole ed i litorali della penisola, quelle opere raccontano di un paesaggio naturale meraviglioso ed incontaminato, non ancora mortificato dalla mano dell’uomo, e di un mondo che si prepara ad accogliere il turismo di massa.

Il Quinto Capitolo, invece, analizza i documentari istituzionali, vale a dire quelle opere palesemente commissionate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, o espressione di una mal celata propaganda da parte di qualche autore troppo zelante verso il potere di Governo. Questi documentari, nella grande maggioranza, hanno trasmesso un’immagine del Meridione ottimistica e rasserenata. Un Sud immemore delle sue miserie e dei retaggi più scomodi di un’ancora irrisolta “questione meridionale”.

La rappresentazione del Mezzogiorno dei documentari istituzionali si accosta fortemente a quella dei documentari industriali, ultimo insieme di opere, esaminato nel Sesto Capitolo di questa ricerca. Non sempre destinati al vasto pubblico delle sale, questi lavori mostravano le tante realizzazioni che i maggiori poli industriali del Nord avevano portato a compimento nel Sud del Paese. Il Meridione come “eldorado” di ricchezze, terra promettente quanto a materie prime e braccia-lavoro: questo il leitmotiv dominante in una produzione documentaristica che individuava nel Mezzogiorno la terra da riscattare e da allineare, quanto a progresso e crescita economica, al più moderno Nord d’Italia.

Molte ed eterogenee, se non addirittura contrastanti, appaiono, in conclusione, le immagini del Mezzogiorno rinvenibili attraverso i tanti documentari riconducibili ai diversi generi. Di fronte ad un panorama così complesso si pone come necessario un lavoro di analisi e di iscrizione dei molteplici contributi in un quadro comune. Solo in tal modo si può, infatti, risalire a ciò che è stato il Mezzogiorno italiano negli anni della sua lenta trasformazione. Il patrimonio di immagini contenute nei documentari rivela, a questo punto, tutta la sua valenza. La loro consistenza diafana, il loro sguardo naturale alla realtà, non filtrato da intrecci narrativi, offrono all’occhio disincantato dello spettatore moderno una rappresentazione autentica di un mondo scomparso.

 

 

 

 

 

 

Dati dell’autore

Nome e Cognome: Mariangela Palmieri

Indirizzo e-mail: mariangelapalmieri@libero.it

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