Autore: Mariangela Palmieri |
Relatore:
Pasquale Iaccio |
|
Correlatore: Pietro Cavallo |
Estratto della tesi:
I libri di storia, gli scritti letterari, le opere artistiche, ma anche i film a soggetto, hanno regalato al presente mille racconti sul Mezzogiorno, sulla sua storia e sui suoi caratteri, prima che quella terra misteriosa ed affascinante, sofferente ed angustiata, fosse sconvolta dalla grande trasformazione degli anni ’60. Accanto a tutte quelle voci, figurano anche i documentari, un insieme di opere - una sorta di isola dimenticata, avvolta nelle nebbie dell’oblio e dell’indifferenza - che, pure, a loro modo, hanno descritto il volto variegato del Mezzogiorno italiano in un punto di non ritorno della sua storia. Scopo di questo lavoro di ricerca, così, è la comprensione delle forme e dei modi in cui molte opere documentaristiche italiane - realizzate tra gli anni immediatamente successivi alla fine della Seconda Guerra Mondiale e il miracolo economico - hanno immortalato il Sud dell’Italia, in un’epoca in cui esso appariva così lontano e diverso dal resto della penisola.
Lo strumento fondamentale
utilizzato per il reperimento delle informazioni relative ai documentari sul
Mezzogiorno sono state alcune tra le principali riviste di cinema italiano, che
hanno dedicato maggiore spazio e contributi alle opere documentaristiche
prodotte nel Paese. Il ricorso alla stampa specialistica ai fini della ricerca
non rappresenta una scelta causale, quanto piuttosto una necessità, in una
panorama di studi sull’argomento abbastanza carente e lacunoso.
Il cuore di questo lavoro di
ricerca, si è detto, è rappresentato dai documentari che hanno raccontato il
Mezzogiorno, analizzati allo scopo di ricomporre il volto complesso di un mondo
lontano, ormai perduto. Gli anni cha vanno dalla fine della Seconda Guerra
Mondiale a quelli che segnano l’affermazione del miracolo economico, d’altra
parte, rappresentano un periodo di grande trasformazione per tutto il Paese, e
per il Sud in maniera particolare. In tale fase storica, infatti, l’Italia
sarebbe passata in breve dalle difficoltà materiali della fine della guerra al
trionfo del benessere e della società dei consumi propri del boom
dell’economia; ma a caratterizzare il mutamento avrebbero contribuito pure
fattori di tipo politico e sociale, che in breve si sarebbero riverberati -
trasformandoli profondamente rispetto al passato - sui costumi, sulla
mentalità, sulle regole sociali degli individui. Insomma, l’Italia in quel
lasso di tempo avrebbe cambiato pelle, ma la trasformazione non sarebbe stata
scandita da uguali ritmi e proporzioni nel Nord e nel Sud della penisola. I
documentari, dunque, rappresentano, oggi, una fonte preziosa per sondare quella
fase di lenta trasformazione, dopo la quale il Mezzogiorno non sarebbe stato
più lo stesso.
Le opere documentaristiche che
hanno raccontato il Mezzogiorno, tuttavia, non si riconducono ad un insieme
univoco e compatto. Come per il cinema di finzione, infatti, anche nel
documentario è possibile distinguere diversi generi; così, tra i documentari
sul Mezzogiorno, si possono rinvenire lavori nel genere antropologico, in
quello sociale, ma anche nel genere turistico, istituzionale e, infine,
industriale.
Ma un’analisi del documentario sul
Mezzogiorno non può prescindere da alcune considerazioni di ordine generale
sulla storia del documentarismo in Italia. Nel Primo Capitolo di questo lavoro,
dunque, si tratteggia la difficile vita del documentario in Italia nel periodo
di interesse di questa ricerca.
Il Secondo
Capitolo entra, invece, nel vivo dell’argomento trattato, affrontando il primo tra
i generi di documentari che hanno raccontato il Mezzogiorno: quello
antropologico. Tale filone racchiude tutte quelle opere che hanno voluto
immortalare nei loro fotogrammi i riti, le tradizioni, gli aspetti peculiari
riconducibili alla sfera magico-religiosa di una realtà contadina che si
avviava al declino. Si tratta dei documentari di De Seta, Di Gianni, Gandin e
Mingozzi (solo per citare alcuni dei registi impegnati in questo settore),
spesso realizzati sulla base degli studi dell’antropologo napoletano Ernesto De
Martino, che negli anni del dopoguerra, si era avvicinato, in maniera
innovativa e più profonda rispetto al passato, allo studio del folclore
meridionale.
Il documentario sociale, invece, è
al centro del Terzo Capitolo. A questo genere si riconducono opere dai
caratteri molto diversi, accomunate, però, dalla costante attenzione tributata
alla società nel suo insieme, e dai forti toni di denuncia, volti a condannare
le tante piaghe che affliggevano il Sud in quei difficili anni. Si tratta del
lavoro di registi che volevano svelare l’arretratezza, la miseria, il degrado
di un Mezzogiorno abbandonato dallo Stato; in sostanza, l’altra faccia
dell’Italia, quella della vergogna, che per la storia ufficiale andava tenuta
nascosta a tutti i costi.
Il Mezzogiorno così come appare nei documentari antropologici e sociali
ha il viso segnato dal dolore: di tutt’altro aspetto è, invece, il Meridione
nei documentari turistici, istituzionali ed industriali. Nei documentari
turistici, oggetto di analisi del Quarto Capitolo, il Sud dell’Italia è
trasfigurato in un mondo ridente e sereno, privo di negatività. Prediligendo le
isole ed i litorali della penisola, quelle opere raccontano di un paesaggio
naturale meraviglioso ed incontaminato, non ancora mortificato dalla mano
dell’uomo, e di un mondo che si prepara ad accogliere il turismo di massa.
Il Quinto Capitolo, invece,
analizza i documentari istituzionali, vale a dire quelle opere palesemente
commissionate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, o espressione di una
mal celata propaganda da parte di qualche autore troppo zelante verso il potere
di Governo. Questi documentari, nella grande maggioranza, hanno trasmesso
un’immagine del Meridione ottimistica e rasserenata. Un Sud immemore delle sue
miserie e dei retaggi più scomodi di un’ancora irrisolta “questione
meridionale”.
La rappresentazione del Mezzogiorno
dei documentari istituzionali si accosta fortemente a quella dei documentari
industriali, ultimo insieme di opere, esaminato nel Sesto Capitolo di questa
ricerca. Non sempre destinati al vasto pubblico delle sale, questi lavori
mostravano le tante realizzazioni che i maggiori poli industriali del Nord
avevano portato a compimento nel Sud del Paese. Il Meridione come “eldorado” di
ricchezze, terra promettente quanto a materie prime e braccia-lavoro: questo il
leitmotiv dominante in una produzione documentaristica che individuava nel
Mezzogiorno la terra da riscattare e da allineare, quanto a progresso e
crescita economica, al più moderno Nord d’Italia.
Nome e Cognome: Mariangela Palmieri
Indirizzo e-mail: mariangelapalmieri@libero.it
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