Dati personali

Alessandra Bari

Nata a Torino il 23/3/1970

Residente in via Monginevro 242/8- 10142 Torino - tel. 011/7070597 cell. 03287230118 alessandrabari@libero.it

Laureata nel 1996 presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino con tesi in Antropologia Culturale ( relatore Prof. Alberto Guaraldo ) dal titolo: "Il cinema etnografico nel bacino amazzonico: gli Yanomami e la documentazione audiovisiva missionaria ".

 

 

"Il cinema etnografico nel bacino amazzonico:

gli Yanomami e la documentazione audiovisiva missionaria"

"Molto spesso il più banale dei film, nella selvaggia giostra delle attualità, nei meandri del cinema amatoriale, un contatto misterioso si stabilisce. Il primo piano di un sorriso africano, uno sguardo messicano alla macchina da presa, un gesto europeo così banale che nessuno aveva mai pensato di filmare, svelano il volto sconvolgente della realtà" (Jean Rouch, 1988). La riflessione di Rouch porta direttamente alle problematiche legate al cinema inteso come riproduzione della realtà; questioni che implicano l’ontologia dell’immagine, l’analisi semiotica dei codici, l’arbitrarietà nella scelta di tecniche e di contenuti, non ultima l’estetica.

Ma se il soggetto principale di questa "realtà sconvolgente" filmata dalla macchina da presa è l’Uomo e le sue Culture, allora il campo si allarga anche a comprendere l’antropologia.

Quest’ultima è stata, secondo Margaret Mead troppo a lungo "una disciplina di parole" basata sul lavoro di ricercatori sul campo i cui unici strumenti erano un taccuino e una penna. Le innovazioni tecnologiche nell’ambito degli strumenti audiovisivi hanno permesso di poter registrare direttamente le immagini osservate e di poter quindi

conservare nel tempo i volti, i gesti, le azioni catturati e resi eterni dalla macchina da presa.

Se i film entrano a far parte dell’indagine etnografica, allora i problemi diventano più complessi: si può parlare di obiettività della ripresa cinematografica o questa riproduzione della realtà è necessariamente un’ interpretazione ? In che misura allora l’uomo che filma l’uomo modifica il suo atteggiamento e quello dell’osservato ?

La mia ricerca parte proprio da queste domande fondamentali.

Prima di affrontare una riflessione sulle problematiche e le diverse opzioni metodologiche nell’utilizzo dei mezzi audiovisivi nello studio antropologico, ho ripercorso brevemente la storia della cinematografia etnografica dalle sue origini nei primissimi esperimenti di studio sulla locomozione animale ed umana, passando dai grandi registi di film documentari ( Flaherty e Rouch ), fino alle realizzazioni dei più noti antropologi - cineasti ( Mead, Marshall, Gardner, ecc. ).

L’intervento della soggettività dell’osservatore, la messa in scena di eventi ricostruiti appositamente per la macchina da presa e le diverse tipologie di documento visivo, sono alcuni degli argomenti trattati per definire le finalità del film etnografico e i problemi teorici ad esso legati.

Il mio interesse si è poi focalizzato sulla produzione audiovisiva riguardante i gruppi indigeni del Bacino Amazzonico.

Seguendo la classificazione della "comunicazione nativa" operata da Canevacci (1995), ho tracciato una breve storia della cinematografia relativa al suddetto argomento secondo quattro modelli principali: la documentaristica scientifica etnografica ( più o meno "oggettiva" ), il cinema di finzione, i rèportages giornalistici ed infine i video antropologici realizzati dagli stessi nativi.

Il campo è stato ulteriormente circoscritto ad un solo gruppo indigeno: gli Yanomami e la documentazione audiovisiva missionaria.

La cultura e la vita di tali indios è stata da me trattata, presentandone le caratteristiche principali: le origini, le distinzioni linguistiche, i manufatti, le attività di sussistenza, i sistemi di discendenza, l’organizzazione politica e sociale, l’aspetto mitico - spirituale fino alla drammatica situazione attuale.

L’accenno ai primi contatti con i bianchi ed in particolare con i missionari cattolici mi ha offerto lo spunto per tracciare le tappe dell’insediamento dei religiosi Salesiani e della Consolata in territorio Yanomami e dell’evoluzione del concetto di evangelizzazione nella catechesi indigena.

La testimonianza concreta di questo mutato atteggiamento, che riprendendo il titolo del libro di Leonardo Boff ( 1992 ) parte dalla "conquista spirituale" per giungere "alla liberazione integrale", è documentata dal 1970 al 1994 anche da una produzione audiovisiva.

I film, di cui sei realizzati dai salesiani e due dalla Consolata, mostrano solitamente due aspetti: la cultura tradizionale Yanomami e l’intervento dei missionari su quella realtà.

Nell’analisi complessiva è emerso un fattore dinamico, ossia il mutamento intervenuto nell’approccio verso gli indios da parte dei religiosi e il sorgere di una collaborazione tra i due protagonisti nella lotta contro una modernità distruttiva.

Da principale complice dei governi sudamericani nel processo di assimilazione e colonizzazione, la Chiesa missionaria ha, dal 1970, modificato il proprio ruolo passando spesso al fianco degli oppressi, delle minoranze ed in modo particolare degli indios.

Le immagini della documentazione audiovisiva emergono come strumentali a tali propositi: inizialmente orientate a giustificare l’azione " civilizzatrice " dei missionari, ne evidenziano poi, nei film più recenti, i tentativi per difendere e preservare quella cultura indigena che avevano cercato di cancellare.

Forte è dunque l’intervento soggettivo nella rappresentazione di una realtà presentata in modo da trasmettere messaggi specifici, spesso a scapito di una ripresa filmica " oggettiva ".

Il rapporto tra osservatore ed osservato diviene, nel corso degli anni, un’interazione di esperienze e di valori.

La macchina da presa registra infine gli avvenimenti del reale, in cui i ruoli non sono più nettamente definiti come in passato, anche attraverso un nuovo modello che riassume in sé i quattro precedentemente proposti: ora documento scientifico, ora film di finzione, ora servizio giornalistico, ora punto di vista dei nativi.

D’altra parte il fine ultimo di questi film è proprio la documentazione della trasformazione reciproca di due mondi diversi venuti a contatto.